Doveva fare parecchio freddo quel 31 gennaio del 1632 ad Amsterdam quando Adrian Adrianeszoon, noto nei bassifondi come “Het Kindt”, veniva impiccato per l’ennesimo tentativo di rapina. Adrianeszoon aveva alle spalle una carriera criminale di tutto rispetto fatta di furti e violenze e in passato la giustizia olandese aveva già provveduto a fargli amputare una mano. Peccato che con quella rimasta il buon Adrian un giorno tenti di sottrarre il mantello a un gentiluomo, forse ritenendolo una preda facile, gentiluomo che però oppone una strenua resistenza riuscendo a farlo arrestare. La placida borghesia calvinista che domina Amsterdam, allora una città di circa duecentomila abitanti in fortissima espansione, tollera assai male questi corpi estranei alla laboriosità e al buon costume così tipici della loro classe e, considerata la recidività, opta per la pena di morte aggravata dalla dissezione del cadavere. Le dissezioni anatomiche si tenevano una volta l’anno, rigorosamente in inverno per evitare la rapida decomposizione e sempre su condannati a morte, presso l’ex convento di Santa Margherita convertito in mattatoio dopo la riforma protestante anche se nel 1629 verranno spostate temporaneamente nella torre della Porta di S. Antonio, anch’essa poco lontana dal mercato delle carni.
Una volta deposto dalla forca, il cadavere veniva trasportato con una sorta di processione al teatro anatomico allestito per l’occasione. L’operazione durava tre giorni e iniziava rigorosamente con l’eviscerazione per non incorrere in miasmi facilmente immaginabili. Agli olandesi piaceva veder fare a pezzi un criminale e per assistere allo spettacolo erano disposti ad acquistare un biglietto nemmeno tanto a buon mercato. Le dissezioni infatti fruttavano una somma non disprezzabile alla gilda dei chirurghi, cioè l’entità organizzatrice dell’evento: si parla di una cifra che poteva arrivare ai 200 fiorini (l’equivalente di 7 maiali grassi) ma dalla quale dovevano essere detratte le spese per il boia, musica cibo e vivande per gli ospiti e l’incenso per mascherare l’odore del cadavere.
Il privilegio di affondare il bisturi nelle carni del poveretto spettava al prelettore di anatomia, carica allora ricoperta dal dottor Nicolaes “Claes” Pietersz, meglio noto come Tulp (da notare che a dispetto della carica Tulp era solo alla sua seconda dissezione). L’idea di cambiare nome in Tulp (tulipano) a mo’ di portafortuna doveva essergli venuta grazie all’importanza dei tulipani nell’economia olandese del tempo ed evidentemente funzionò perché a nemmeno quarant’anni era già un medico molto stimato, occupava una carica prestigiosa e di lì a qualche anno entrerà anche in politica diventando sindaco di Amsterdam (chissà se dopo la tremenda bolla dei bulbi tornò a farsi chiamare Pietersz ma lasciamo stare). Fatto sta che il Dottor Tulp e alcuni tra i suoi colleghi più stimati decisero di farsi immortalare proprio nell’atto di dissezionare il cadavere in questione e per farlo scelsero un giovane pittore che proprio in quegli anni si era trasferito ad Amsterdam dalla natia Leiden cercando di farsi strada nel mondo delle ricche commissioni della capitale: Rembrandt van Rijn.
Anche se non si può escludere che Rembrandt abbia assistito alla dissezione, magari eseguendo qualche schizzo, il dipinto venne eseguito successivamente per essere poi restaurato e probabilmente manipolato nel corso del secolo successivo: analisi radiografiche hanno infatti provato l’aggiunta della mano destra, l’inserimento del primo chirurgo a sinistra, la cancellazione del cappello di quello in piedi sullo sfondo e la riscrittura dell’elenco dei partecipanti sul foglio tenuto in mano dal personaggio di fianco a Tulp. I chirurghi ritratti pagarono una quota per figurare nel quadro, quelli al centro il doppio degli altri, e aprirono a Rembrandt la via per una fortunata serie di ritratti di gruppo allora in gran voga.
Tulp è raffigurato mentre mima con le dita della mano sinistra il movimento provocato dai muscoli e tendini che sta sollevando con la pinza, gli altri osservano ostentando una varietà di stati d’animo tra l’interesse, la sorpresa e un accenno di sgomento, però c’è un però. Il muscolo flessore, cioè quello che rende possibile il movimento mimato da Tulp si trova all’esterno dell’avambraccio e non all’interno come mostrato nel quadro. In passato molti si sono interrogati sul significato dell’errore, tanto più macroscopico se si considera che i committenti, essendo del mestiere, dovevano averlo notato per primi. Una risposta non c’è ma l’ipotesi più sensata è che ai membri della gilda dei chirurghi non importasse poi gran che dell’esattezza scientifica della rappresentazione purché andasse a beneficio della teatralità e di una sorta di visione ideale della loro attività. Per Rembrandt sarebbe stato impossibile mostrare la parte di braccio davvero interessata e non credo che all’epoca, al di fuori della cerchia dei soggetti ritratti, fossero poi molti quelli in grado di rilevare la cosa. D’altronde non si notano nemmeno i tagli e le suture dell’eviscerazione (che doveva già essere avvenuta) e la mano, che al cadavere mancava, potrebbe benissimo essere stata aggiunta proprio dall’autore, magari in seguito a una precisa richiesta dei committenti tendente a mantenere un certo decoro.
Ed ecco a voi il Dottor Tulipano mentre affetta un disgraziato sotto gli occhi attenti dei suoi colleghi nell’anno del signore 1632: